venerdì 15 settembre 2017

DOVE OSANO LE AQUILE

Se mi domandassero: "A che cosa serve un cervello grande?", sarei tentato di rispondere:
"A trovare cantando la nostra strada attraverso il deserto".
Bruce Chatwin, Le vie dei canti, p. 331.

Dopo alcuni giorni di meritato riposo tra gli hippies della Val Tramontina partiamo, tra baci e abbracci, peace and love e altre amenità fricchettone, alla volta dei Monti Pallidi.
Le Dolomiti vengono chiamate anche Monti Pallidi a seguito di un prodigioso incantesimo avvenuto ai tempi dell’antico Regno delle Dolomiti, quando la roccia delle montagne aveva lo stesso colore delle Alpi.
Tale regno era ricoperto di prati fioriti, boschi lussureggianti e laghi incantati.
Ovunque si poteva respirare aria di felicità e armonia meno che nel castello reale.
Bisogna infatti sapere che il figlio del re aveva sposato la principessa della luna, ma un triste destino condannava i due giovani amanti a vivere eternamente separati.
L'uno non poteva sopportare l’intensa luce della luna che l’avrebbe reso cieco, l’altra sfuggiva la vista delle cupe montagne e degli ombrosi boschi che le causavano una malinconia talmente profonda da farla ammalare gravemente.
Ormai ogni gioia sembrava svanita e solamente le oscure foreste facevano da solitario rifugio al povero principe. Ma si sa, però, che proprio le ombrose selve sono luoghi popolati da curiosi personaggi, ricchi di poteri sorprendenti e capaci di rovesciare inaspettatamente il corso degli eventi. Ed è così che un giorno, nel suo disperato vagare, il principe si imbatté nel re dei Salvani, un piccolo e simpatico gnomo in cerca di una terra per il suo popolo.
Dopo aver ascoltato la triste storia del giovane sposo, il re dei Salvani gli propose, in cambio del permesso di abitare con la propria gente questi boschi, di rendere lucenti le montagne del suo regno. Siglato il patto, gli gnomi tessero per un’intera notte la luce della luna e ne ricoprirono tutte le rocce. La principessa poté così tornare sulla terra per vivere felicemente assieme al suo sposo e le Dolomiti presero il nome di Monti Pallidi.
Torniamo dunque ai luoghi dell'infanzia, ai boschi ombrosi e alle rocce cangianti.
Dalla val Tramontina, passando per monti e valli, il cammino si preannuncia affascinante anche se faticoso.
Viaggiare a piedi non ha nulla a che fare con l'esercizio fisico. Quando cammino sprofondo nei sogni, fluttuo nelle mie fantasie e mi scopro dentro storie incredibili. Attraverso letteralmente interi romanzi e film.
Non presto particolare attenzione a dove metto i piedi, ma non perdo mai il cammino perché la Via è dentro di me.
Parlare ( e scrivere ) di viaggio, o di cammino significa parlare della vita, umana e cosmica.
Tutte le cose sono sospinte da moti spazio-temporali, e anche quando l'uomo tenta di opporvisi, in realtà non riesce che a contrapporre loro un moto di senso contrario: il movimento è la realtà e la vita stessa del cosmo, il suo modo naturale di essere e di perire.
Ci si muove per raggiungere una meta, per concludere un affare, per incontrare un amico o per scontrarsi con un nemico. Mille giustificazioni che forniscono al viaggiatore l'occasione di mettersi in viaggio. Ma anche le giustificazioni appaiono parziali motivazioni del motivo per cui si è intrapreso un viaggio. Riaffiora quindi l'insoddisfatto interrogativo: "Perché si è in viaggio? Perché non si può che viaggiare?".
In verità, la risposta è in quello stesso intimo che interroga, dove risiede il moto profondo che si agita, di cui i viaggi non sono che l'onda d'urto più periferica, come il cerchio più esterno provocato da un sasso gettato nello stagno. Come è l'intimo che si agita, è l'intimo che calma, il sapiente dunque è consapevole che camminare, nella realtà o anche solo nel mito, è vivere, assecondare l'impulso vitale e farsene compagno.
Non tenterà dunque di fermare. ma di dare, con il viaggio, "forma all'irrequietezza umana" ( sempre Chatwin ).
Tra aceri e pini prendiamo un sentiero che da Tramonti ci porta verso un lago artificiale. Immemori del disastro del Vajont  le opere idrauliche si diffusero molto in queste zone nei decenni passati.
Dopo circa tre ore arriviamo al lago del Ciul dove allestiamo il campo per la notte.
Non si potrebbe fare campeggio libero, ma inoltrandoci nel bosco non disturberemo ( e non verremo disturbati da ) nessuno.
Al mattino presto, dopo il rancio e la preparazione del tascapane, ricettacolo di tutti i nostri averi
( amaca, fornello, sacco a pelo, pappe varie ecc. ) si parte, direzione Dolomiti Bellunesi, terra avita.
Per giorni camminiamo, salendo e scendendo, in una sorta di percorso di mezza cresta che ci porta da 500 a 2000 e oltre metri di quota per poi ridiscendere e risalire. Col Nudo, Monte Toc con lo sguardo sull'immane sconquasso del Vajont, sentieri dei contrabbandieri che dal Friuli andavano in Cadore, strade dei cramârs.
I  cramârs, ( dal tedesco Krämer, merciaio ), erano coloro che si recavano oltralpe per esercitare il commercio come venditori ambulanti.
Trasportavano in Germania, Austria, Moravia, Boemia, Slesia, Slovacchia  ogni genere di articoli minuti come medicine e spezie,  stoffe, oggetti di artigianato.
Tutto veniva portato a spalla caricato sulla "Crame" o "Crassigne", mobiletto in legno dotato di cassetti.
Secoli di cammino: la partenza col peso della crassigne pieno di merci e il ritorno col gruzzolo dei guadagni.
Secoli di ardue scalate dei monti per raggiungere la meta dei paesi da visitare in maniera puntuale e capillare.
Dal Medioevo al  Seicento i  cramârs si spostavano a piedi indossando calzature adatte anche alle traversate sulla neve: strade strette e mal tenute, impervi passi di alta montagna ove i carri non potevano transitare ed era necessario procedere in fila sui passi ghiacciati.
A partire dal Cinquecento poterono allieviare la fatica di molti percorsi utilizzando trasporti occasionali di barche e zattere lungo i fiumi navigabili come la Drava, la Salzach, l'Enns, la Mur
All'inizio del Settecento, con la sistemazione dei valichi e l'allargamento delle strade, anche i cramârs iniziarono a fare uso dei cavalli da tiro.
Lungo i percorsi più frequentati sorsero istituti monastici, ospedali, ricoveri a favore dei passanti.
I cramârs approdarono principalmente in: Austria, Ungheria, Moravia, Polonia, Germania; commerciavano in spezie, coloranti, stoffe, provenienti dal porto di Venezia, che essi acquistavano in patria tramite grossisti e negozianti locali.
Questi cramârs spesso inviarono doni preziosi alle loro chiese d’origine e, i più fortunati, si fecero costruire delle belle case nel proprio paese, sul cui portale spicca ancora oggi il loro simbolo.
Questa necessaria migrazione stagionale verso la Mitteleuropa (i cramârs rientravano solo per la fienagione nei mesi estivi), mise a dura prova questi uomini che in alcuni Paesi europei furono considerati imbroglioni e traffichini. Ogni epoca ha i suoi migranti!
I cramârs vennero a contatto con la nascente Riforma protestante luterana, che a partire dal 1520, si diffuse nelle regioni tedesche, sostituendosi lentamente alla confessione cattolica. Questi stessi cramârs, al loro periodico ritorno in Carnia, portarono queste nuove idee religiose, le quali, dopo una prima limitata tolleranza e diffusione, furono implacabilmente contrastate dall’Inquisizione locale, con denunce e processi, che solitamente si conclusero con abiure, pubbliche penitenze e multe, cosicché la Riforma fu poi definitivamente soffocata.
Dopo giorni di cammino arriviamo ai primi contrafforti del Civetta, nell'agordino, e ad accoglierci ci sono marmotte, ( per la gioia di Bjork che è incuriosita dai loro fischi ) e aquile, una coppia, che ci ha scortato a non più di una quarantina di metri sopra di noi fino a che non siamo scesi.
La lupa ha avuto il suo riscatto con questo cammino di giorni e giorni; affrancamento, emancipazione, liberazione, redenzione, riscossa da una sorte che l'aveva  portata a pesare diciassette chili e ad avere i muscoli delle zampe posteriori atrofizzati.
Ora con i suoi trenta chili e i garretti poderosi il cerchio si è chiuso.
Per la Val Imperina, luogo di antiche miniere, ci innestiamo nella via degli ospizi, antico tracciato di collegamento tra la Val Belluna e l'Agordino, sul versante destro orografico della Valle del Cordevole. I segni della storia, così frequenti lungo il percorso, invitano a calarsi nei panni di antichi viandanti per riscoprire luoghi di grande fascino e interesse quali la Certosa di Vedana, il Borgo di San Gottardo, gli ospizi di Candàten e di Agre, le Miniere di Valle Imperina.
Questo tracciato è inserito nel Cammino della dolomiti, un lungo itinerario ad anello che in trenta tappe e circa 300 chilometri porta a scoprire i luoghi più rilevanti per testimonianze artistiche e storiche della provincia di Belluno. Evitando le grandi arterie di traffico e privilegiando le antiche mulattiere e le strade di montagna si raggiungono gli angoli più nascosti e meno conosciuti.
Qui finalmente riposeremo, "piegheremo le vele", come dice Wei Ying-wu. Anche se il viaggio è ancora in corso, arriva un momento in cui si piegano e ripongono le vele, per sostare.
Qui, in queste terre, c'è una antica casa che appartiene alla mia famiglia da tre secoli. Un luogo dell'anima dove sosterò e riposerò, ma starò anche in attenzione; veglierò perché il viaggio non finisce mai.

Nelle azzurre sere d'estate, me ne andrò per sentieri,
punto dal grano, a calpestare l'erba tenera:
sognatore, ne sentirò la freschezza con i piedi.
Lascerò al vento bagnare la mia testa nuda.
Non parlerò, non penserò nulla:
ma l'amore infinito mi salirà nell'anima,
e andrò lontano, molto lontano, come un bohémien,
nella Natura, - felice come con una donna.
Arthur Rimbaud.














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