martedì 12 settembre 2017

DROMOSKYLOSMANIA

" I cani parlano, ma solo a chi sa ascoltarli"
Orhan Pamuk
Il viaggiare con il cane l’ho sempre concepito come parte di un rapporto paritario che non è assolutamente inteso come “ cane – padrone “, ma nemmeno con l’approccio meno specista di “ compagno “, sebbene spesso abbia onorato l’etimo del "dividere il pane con".
Si tratta di amicizia, intesa come rispetto delle particolarità e volontà di cercare il benessere dell’amico. Così intesa si può sperimentare una gioiosa intersoggettività che trascende i confini della specie.
Il termine che spesso usiamo di “ animale da compagnia “ è un po’ riduttivo, denota un essere neotenico, addomesticato, dipendente, in qualche modo inferiore ai suoi confratelli selvatici.
Anche i più fervidi amanti degli animali da casa hanno una visione ristretta delle loro capacità e del rapporto che è possibile avere con essi.
Salvai Bjork di dieci mesi, ultima di tanti sfortunati che ho salvato negli anni, da un canile dove era stata portata dopo un’infanzia di stenti e violenze.
Era in bilico tra l’infanzia e l’età adulta, abbastanza matura per concentrare la sua attenzione in modo intelligente, ma ancora molto cucciola nel contegno e nella voglia di giocare.
La vidi come un animale selvatico dotato di una sapienza istintuale. Avendo grande rispetto dell’intelligenza degli animali sono contrario agli “addestramenti “.
Invece discuto con lei tutte le cose importanti, in italiano, ripetendo parole e frasi più e più volte in determinate circostanze per facilitarle l’apprendimento della mia lingua. Lei capisce molte frasi  (nel senso che vi reagisce in modo adeguato ); e a sua volta mi ha insegnato pazientemente a capire il suo linguaggio di gesti e atteggiamenti ( usa di rado la comunicazione verbale ).
Se siamo fuori a passeggio, e io sono tropo assorto nei miei pensieri come spesso mi accade, lei recupera la mia attenzione toccandomi gentilmente la mano con il muso. Mentre scrivo queste righe, lei si alza dal posto dove se ne è stata tranquilla per un’ora e col muso mi stuzzica il gomito, segnalando un desiderio di comunicazione. Quando vado da lei con un desiderio simile, è quasi sempre disposta a interrompere quello che sta facendo per badare a me, e io faccio lo stesso per lei.
Smetto di scrivere al computer, la guardo, dico il suo nome e le sfioro la testa con le labbra. Apparentemente paga di questo breve contatto, lei non mi interrompe per un’altra ora o due; un ritegno particolarmente riservato a quando sto scrivendo. Grazie a contatti come questi, ho imparato ad apprezzare a fondo le finezze e la gentilezza del suo modo di comunicare e cerco di corrispondere tenendo la voce bassa e il tono lieve anche in situazioni di grande intensità emotiva, per lei o per me o per entrambi.
Situazioni inevitabili quando i cani vivono in un mondo dominato dall’uomo, con pericoli che loro non comprendono ( come le automobili ) e divieti contrari ai loro istinti ( come non mangiare gli scoiattoli ).
Ho però sempre pensato che le regole non devono necessariamente essere assolute.
In certe situazioni sta bene che avvicini un gatto ( un gatto che sia esperto di cani ), in altre, più spesso, no.
Può sembrare che sia io a dettare le regole e a farle rispettare, ma non è così, per due ragioni. Intanto, Bjork mi ha imposto almeno altrettanti divieti, basati sulle sue esigenze. Mi ha insegnato che non gradisce essere toccata sulla testa e che preferisce le carezze ai lati del collo. Mi ha fatto capire che scavalcarla quando dorme la infastidisce, e quindi non lo faccio mai.
Secondo, Bjork sa che le proibizioni assolute sono rare. A meno che non sia in gioco la sua sicurezza o quella altrui veniamo a un compromesso.
Direi che il nostro è un rapporto paritario. Ciò non significa che siamo eguali: siamo in realtà molto diversi, lei ha nelle vene sangue di lupo, io di scimmia. Significa che la considero una “ persona “, sebbene di un’altra specie.
Rapportarci ad altri esseri come persone non ha niente a che vedere col fatto se attribuiamo o meno a loro caratteristiche umane.
Ha a che vedere, invece, col riconoscere che essi sono soggetti sociali, come noi, e che la loro peculiare e soggettiva esperienza di noi svolge nei loro rapporti con noi lo stesso ruolo che che la nostra esperienza soggettiva di loro svolge nei rapporti con loro.
Se ci vedono come individui, e noi li vediamo come individui, ci è possibile avere un rapporto personale. Se una delle due parti non tiene conto della soggettività sociale dell'altra, questo rapporto è precluso.
Quindi, mentre noi normalmente pensiamo alla personalità come a una qualità essenziale che possiamo "scoprire " e non " trovare " in un altro, nella visione qui adottata la personalità connota un modo di essere in relazione con gli altri, e quindi nessuno, tranne il soggetto, la può dare o togliere. In altre parole, quando un umano tratta un individuo non umano come un oggetto anonimo anziché come un essere con una propria soggettività, è l'umano e non l'altro animale a rinunciare a essere una persona.
La possibilità di una volontaria e reciproca resa ai dettami dell'intersoggettività è il terreno comune che Tommaso d'Aquino o O'Hearne ignorano quando affermano che animali e umani non possono essere amici.
Uso la parola "resa" intenzionalmente, perché per rapportarsi agli altri ( umani e non umani ) in questo modo occorre rinunciare a un controllo su di loro e su come essi si rapportano a noi.
Un piccolo prezzo per ciò che riceviamo in cambio.
Poiché io considero Bjork una persona, possiamo essere amici. Come in ogni autentica amicizia fra umani, il nostro rapporto è basato sulla reciprocità e sul mutuo rispetto.
Lei dipende da me per certe necessità, come il cibo e l'acqua, ma è una dipendenza contingente, non intrinseca; se io vivessi nel mondo dei cani selvatici dipenderei da lei per il cibo, la protezione e molte altre cose.
Lei non è né la mia bambina, né la mia serva.
Desidero per lei ciò che desidero per tutti i miei amici: massima libertà di espressione, massimo benessere.
Per provare pienamente le gioie dell'essere cane e dell'essere primate, Bjork e io passiamo molto tempo fuori, muovendoci liberamente e viaggiando. Con i mezzi più disparati ma non disperati. Prediligiamo i viaggi lenti, a piedi o in bici con lei nel trailer porta cani, ma anche in auto se è per avvicinarci a luoghi dove poi cammineremo.
Quando siamo nella natura selvaggia mi affido a lei e ai suoi sensi lupeschi e spesso decide lei il sentiero da percorrere.
Quando mi fermo per riposare lei si mette vicino a me e controlla l'ambiente circostante guardando in tutte le direzioni. Presumibilmente la mia sicurezza le sta molto a cuore e ho assoluta fiducia che lei continuerà a vegliare su di me.
Tutti i cani con cui ho vissuto ( e viaggiato ) hanno beneficiato di questo tipo di rapporto paritario e ognuno, con la propria individualità, mi ha reso doni di amicizia imprevedibili.
Le limitazioni presenti nei nostri rapporti con altri animali non dipendono da loro deficienze, ma dalle nostre idee ristrette su ciò che essi sono e sul tipo di rapporto che possiamo avere con loro.






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