RAMINGHI
ARMORICANI
Smilla de Brest
“Nella maggior
parte delle società di bande e di villaggi, prima dello sviluppo dello Stato,
gli uomini, in generale, godevano di libertà economiche e politiche oggi
riservate solo a una minoranza privilegiata. Decidevano autonomamente quanto
tempo dedicare al lavoro in una particolare giornata, quale tipo di lavoro svolgere,
o anche se lavorare o no.”
Marvin Harris -
Cannibali e re. Le origini delle culture.
-Kolega!
Kolega!-
Il bulgaro
dentro al camion mi vede attraversare l’aiuola dell’area di servizio e mi
apostrofa sorridendo con questo termine che, di primo acchito, non capisco cosa
significhi. Gli sorrido avvicinandomi ma lui questa volta con fare serioso mi
ripete: -kolega-.
Penso di aver
parcheggiato male il mio camion che è vicino al suo, diciotto metri tra
trattore e semirimorchio se messi male bloccano il traffico.
Macché, il
camion è dritto come una freccia e se vuole lui può uscire senza pensieri.
Un po’ deluso dall’incomprensione
tra di noi, quando sono nei pressi del suo bestione mi ripete: -kolega, in
kamiona!-
E allora realizzo:
il buon uomo quando sono arrivato dormiva, poi svegliatosi deve aver guardato
nella direzione del mio camion e ha visto Smilla che mi aspettava, dato che in
autogrill non può entrare, seduta al posto di guida con le zampe appoggiate sul
volante. Da qui l’ilarità dell’uomo che tutto pensava tranne di trovare un cane
alla guida di un Volvo da 700 HP.
Io veramente
kolega, anzi, collega suo non lo sarei perché guido raramente il camion e in
circostanze ben precise. In tempi antichi ho conseguito tutte le patenti e,
complice la mia passione e una distinta predisposizione per la guida, mi è
capitato di lavorare anche come camionista per brevi periodi.
Quando non ce la
facevo più con
enti e società che si occupano del cosiddetto privato sociale mi facevo tre o
quattro mesi di viaggi in camion, racimolando tra l’altro anche un discreto
gruzzoletto.
A onor del vero con
matti, tossici e varia altra umanità mi sono sempre trovato a mio agio e ho
sempre avuto rapporti intensi e costruttivi. Con gli enti e similari, o
comunque con il potere costituito invece spesso si arrivava ai ferri corti. Ho
un pessimo carattere che mi porta a non tollerare chi si approfitta del disagio
altrui e mi prodigo perché lo si sappia. Da qui la scelta di fare questa pause
guidatorie.
Nei tempi
recenti invece viaggio di rado con il camion, a parte quando mi chiamano per
determinate missioni.
Come questa
volta che dobbiamo andare a Brest. L’ingaggio prevede di consegnare camion e
carico in porto dove il tutto sarà imbarcato per destinazione a me ignota e di
mio assoluto disinteresse.
Chi mi affida
questi compiti sa che può contare sul fatto che opero in emergenza, tipo mi
chiami oggi per domani, sono discreto, puntuale ed efficiente. E oneroso. Se
non ti va bene te lo guidi tu il camion.
Riesco così ad
affrancarmi dalla schiavitù del salario e ho la libertà di decidere se partire
o no. Certo non ho la carta di credito, la Mercedes ultimo modello e lo
smartphone di ordinanza, ma sono libero. Non c’è ricchezza maggiore. Pasolini
nel 1975 diceva:
“L'Italia sta
marcendo in un benessere che è egoismo, stupidità, incultura, pettegolezzo,
moralismo, coazione, conformismo: prestarsi in qualche modo a contribuire a
questa marcescenza è, ora, il fascismo. Essere laici, liberali, non significa
nulla, quando manca quella forza morale che riesca a vincere la tentazione di
essere partecipi a un mondo che apparentemente funziona, con le sue leggi
allettanti e crudeli. Non occorre essere forti per affrontare il fascismo nelle
sue forme pazzesche e ridicole: occorre essere fortissimi per affrontare il
fascismo come normalità, come codificazione, direi allegra, mondana,
socialmente eletta, del fondo brutalmente egoista di una società.”
Il più lucido e
scomodo intellettuale del novecento profetizzava quarant’anni fa quello che la
nostra (del primo mondo) società è diventata.
“L’ansia del
consumo è un’ansia di obbedienza ad un ordine non pronunciato.”
La
prevaricazione e l’edonismo imperano sovrani e sono l’humus di un popolo di
sudditi malevoli e ossequienti, invidiosi e adulatori, vili e fascisti.
Interagiamo con gli altri esseri senzienti, umani e non, in un’ottica di
dominio e sopraffazione. Nei confronti degli animali non umani poi stiamo
praticando uno sterminio sistematico per nutrirci, vestirci, divertirci,
convinti di avere superiori abilità, mentre siamo solo diversamente abili
rispetto agli altri animali.
Nel mio
personale percorso verso l’antispecismo e la liberazione animale mi sono reso
conto che la liberazione è connessa a un ripensamento della società e richiede
strategie intellettuali e politiche specifiche. Credo anche che la liberazione animale
debba prescindere, non escludendo, dalla liberazione umana. Si dovrebbero
liberare gli animali anche se ciò causasse un danno o una rivoluzione per la
società degli uomini. La situazione è drammatica e questa è la priorità, non
nego inoltre che reputo collegato il pensiero che considera legittimo lo
sfruttamento degli animali con lo sfruttamento di qualsiasi essere senziente.
Le giustificazioni poi, la storia ci insegna, si trovano strada facendo.
E strada
facendo, mentre Smilla dorme distesa nel letto a castello alle mie spalle,
ascolto Jeanne Moreau che canta la canzone del film “Querelle de Brest” tratta
da The
Ballad of Reading Gaol di Oscar Wilde :
“Yet each man
kills the thing he loves
By each let this
be heard,
Some do it with
a bitter look,
Some with a
flattering word,
The coward does
it with a kiss,
The brave man
with a sword!
Some kill their
love when they are young,
And some when
they are old;
Some strangle
with the hands of Lust,
Some with the
hands of Gold:
The kindest use
a knife, because
The dead so soon
grow cold.
Some love too
little, some too long,
Some sell, and
others buy;
Some do the deed
with many tears,
And some without
a sigh:
For each man
kills the thing he loves,
Yet each man
does not die.”
“Eppure ogni uomo uccide ciò che egli ama, e tutti
lo sappiamo: gli uni uccidono con uno sguardo di odio, gli altri con delle
parole carezzevoli, il vigliacco con un bacio, l’eroe con una spada!”
Brest mi affascina da sempre, per il nome che sa
tanto di mare, di tempesta, di nord, di finis terrae. Dopo la visione del film di Rainer Werner
Fassbinder, il suo ultimo, ho sempre nutrito l’idea di andarci. Certo le
atmosfere del romanzo di Jean Genet non le ritroverò, alcuni personaggi spero
proprio di non trovarli, ma la magia di quel luogo me la voglio godere. Poi da
Brest faremo un giro per boschi di druidi a caccia di leggende, menhir e
dolmen.
Nei pressi di Lyon decidiamo di fermarci, siamo
quasi a metà percorso e le ore di guida (nove) sono finite. In Francia non si
scherza con la polizia stradale che giustamente non transige sui tempi di
riposo degli autisti di Tir.
Le aree di
servizio francesi sono molto curate, pulite, ci si può fare una doccia calda in
ambiente pulito. I camion hanno un’area sosta dedicata, videosorvegliata, dove
si può riposare in santa pace. Ristorante aperto sulle ventiquattrore, bar a
aree verdi. Smilla, che si sente reginetta dell’autoroute, si muove con
disinvoltura tra aiole e parcheggi. Una bella insalatona, crocchette per
Smilla, una calda doccia e via a nanna nel letto a castello del camion. Sotto
Smilla, sopra io.
-Questa
macchina grandissima che lui chiama camion mi piace molto. Dal sedile accanto
all’uomo posso vedere lontano sopra le altre macchine. Negli incroci lui mi chiede
spesso -Libero?-io non so cosa vuol dire ma muovo la coda con entusiasmo e
allora l’umano ride e io sono contenta. Nelle aree di sosta italiane non mi
piace andare, ma qua in Francia posso entrare quasi ovunque ed è molto bello,
molto verde. E poi gli altri camionisti mi chiamano collega e io sono
orgogliosa. Domani sera arriveremo a Brest e poi andremo nelle foreste a
cercare le fonti dei druidi e le case delle fate. Non credo con il camion che è
troppo grande, vedremo cosa si inventerà il mio prode.-
Arriviamo in porto a Brest mentre un’ultima luce
color prugna avvolge le sagome delle navi in rada. Incontriamo Didier,
l’addetto al ricevimento del mezzo e, chiamato un taxi, ce ne andiamo a dormire
in una locanda consigliata dal bretone. Al mattino visitiamo la città, molto
bella, con un bel castello e fortificazioni varie. Da sempre è stata città
militare e lo si nota dalle tante costruzioni che nei secoli sono servite a
scopo difensivo.
Le atmosfere di Genet le ho rivissute in parte nelle
zone vicine al porto, anche se oggi gli amori tra marinai sono coperti da un
velo di oscenità rispetto ai tempi di Querelle e dei suoi amanti.
Noleggiamo un furgone Citroen e ci dirigiamo verso
la foresta di Paimpont, l’antica foresta di Brocèliande dove passeremo la
notte, perché è di notte che i boschi parlano.
La foresta fa da sfondo a numerose avventure del
Ciclo bretone, in particolare Yvain il cavaliere del leone di Chrétien de
Troyes. L'Armorica o "Piccola Bretagna" è ben presente nel vasto
ciclo bretone, cinque volumi riuniti per la prima volta da Chrètien de Troyes
intorno al 1170. Si dice che all'interno della foresta siano presenti siti
leggendari, tra i quali la Valle senza Ritorno, la tomba di Merlino e gli
abitanti del luogo sostengono che l'albero in cui si suppone che la Dama del
Lago abbia imprigionato Merlino sia tuttora visibile. La Fonte della
Giovinezza, e l'Hotié de Vivianne (il castello della Dama del Lago). Certo, le
avventure di re Artù e della sua corte riguardano anche il Galles e la
Cornovaglia britannica, ovvero la parte settentrionale dell'antico regno. Ciò
nondimeno, buona parte degli avventurosi episodi sulla Ricerca del Graal o
sugli amori ambigui della fata Viviana e del mago Merlino si svolgono
nell'attuale foresta di Paimpont.
Sotto al cielo plumbeo o nella luce cangiante della
Bretagna, impera la natura. Le acque e gli alberi, le pietre e i campi , così
come le opere dell'uomo, i megaliti e le cappelle, i castelli e le torri di
vedetta, tutto è permeato della magica atmosfera della natura. Tutto ciò si
ripercuote sulla nascita delle leggende che in questi luoghi hanno trovato
terreno fertile. Non è un caso se l'Armorica è tra le terre più feconde di
leggende: le maree che dominano la costa, le isole e gli isolotti, sembrano
segnare passaggi verso un altro mondo; ma, soprattutto, le foreste e gli
stagni, le fonti e le strette valli. E' qui che si nascondono le migliaia di
folletti chiamati Korringans, dispettosi per natura e pronti a trascinarvi
nella loro magica ronda; è qui che vagano le anime erranti di coloro che il
traghettatore , Ankoù, la Morte, non ha potuto accompagnare alle isole
fortunate sul suo carro cigolante.
La "Valle senza ritorno"
(Val-sans-Retour), chiamata anche "Valle degli amanti infedeli"
perché la fata Morgana vi imprigionava gli amanti per vendicarsi del tradimento
subito. Circondati da muri di fiamme, sorvegliati da giganti e draghi, non
restava loro nessuna via di fuga. Poi arrivò l'eroico Lancillotto del Lago, che
altre non amava se non la regina Ginevra, e liberò tutti gli amanti
prigionieri. Morgana, furibonda, non perse tempo e denunciò ad Artù, suo
fratellastro, la relazione della sua sposa con il cavaliere che aveva osato
vincere l'incantesimo!
In queste terre dovrebbe trovarsi il luogo in cui il
leggendario re riunì i suoi valorosi compagni attorno alla celebre Tavola
Rotonda, nel castello di Kerduel (in bretone significa la città alta), vicino a
Lannion.
Quando Artù scomparve, nessuno lo credette morto,
nonostante la sconfitta nella battaglia di Kamlann; ma si pensò semplicemente a
un suo ritiro, lontano dagli sguardi del mondo, sotto la protezione di Morgana
e di nove fate, nell'attesa della liberazione dei Celti e della riunificazione
delle due Bretagne. Artù riposerebbe nelle vicinanze di Peumeur-Bodou, sotto ad
un megalite eretto sulla modesta isola di Aval, isola di Avalon, l'isola
delle mele.
Un'attenta analisi porta a credere che le leggende
nascano come trasposizione delle forze incontrollabili della natura, siano onde
o rocce, stagni o foreste. Ogni forza preme per
trovare il suo posto, prediligendo alcuni elementi e
diffidando degli altri. Attorno ad esse, niente è statico o inerte, tutto è
animato e soggetto a metamorfosi. Tutto scivola dall'apparenza visibile verso
un mondo sconosciuto, ma non meno complesso. Il vuoto che sta in mezzo ai due mondi
pullula di esseri insoliti.
Tra questi, le fate sono senza dubbio le più
conosciute e multiformi, a volte belle e benefiche, altre volte orribili e
malvagie, simili a streghe, ma capaci in ogni caso di prodigi di ogni sorta,
grazie alla loro bacchetta magica o ai loro talismani. Padrone del destino, le
fate popolano, accompagnate da elfi e da altre creature alate, i boschi e le
rive dei fiumi e dei laghi, nascondendosi sotto le pietre o negli anfratti.
-Siamo
andati in questa magica foresta e questa notte dormiremo nel furgone che
abbiamo preso a nolo. Bello , nuovo e pulito, sarebbe l’auto ideale per le
nostre avventure. La foresta è veramente magica e la notte la avvolge con un
manto oscuro che le da ulteriore mistero. Io credo, in altre vite, di essere
stata cane di corte reale. L’euforia e la familiarità con cui mi muovo nei
luoghi antichi, presso le fonti d’acqua, tra il selciato degli angiporti
medievali mi fanno immaginare di essere stata il cane di Uther Pendragon.
Già
lo so che questa notte sognerò dame e cavalieri, cacce al cinghiale e al cervo
( ma casomai all’umano non glielo dirò perché lui poverino è vegano), musiche
di menestrelli, fuochi di ceppo nei camini.
Quant
la reïne sul le veit,
al
chevaler en va tut dreit;
lunc
lui s'asist, si l'apela,
tut
sun curage li mustre:
"Lanval,
mut vus ai honuré
e
mut cheri e mut amé.
Tute
m'amur poëz aveir;
kar
me dites vostre voleir!
Ma
drüerie vus otrei;
mut
deviz estre lié de mei"
"Dame",
fet il, "lessez m'ester!
jeo
n'ai cure de vus amer.
Lungement
ai servi le rei;
ne
li voil pas mentir ma fei.
Ja
pur vus ne pur vostre amur
ne
mesf(e)rai a mun seignur"-
Le brume che
salgono dall’oceano innescano sensazioni contrapposte e a volte dissonanti. Sarà
la nebbia, l’alito del drago, a farci da psicopompo verso le terre del sogno?
Tutto sembra
sospeso in una sorta di onirico rallentamento, odori, colori, sensazioni. Sento
tra le mani il profumo forte della terra bagnata quando mi accuccio per
osservare le radici degli alberi. Bevo l’acqua di fonti antiche, vago nei
segreti di un tempo perduto.
-Liberami e
proteggimi
Verità
nell'Apparenza
Ordine nel
disordine
Liberami e
proteggimi
Profilo di
penombra
Alito di vita
Confine tra il
cielo, la terra e il mare
Liberami, proteggimi
Strada deserta
ancora da tracciare
Liberami,
proteggimi
Orizzonte
costante da disabitare
Parlami una sola
parola
Che è tempo di
attesa
Tempo di cielo,
di terra e di mare
Tempo da dove
tutto può arrivare-
Tempo di attesa
Ginevra Di Marco
Nessun commento:
Posta un commento