giovedì 22 agosto 2013

AHI SERVA ITALIA

"Ahi serva Italia,di dolore ostello,
nave sanza nocchiero in gran tempesta,
non donna di provincie, ma bordello."
Settecento anni ci separano da quando il Sommo Dante scrisse questi versi del VI canto del Purgatorio.
Vagando per la zona rossa de L'Aquila si ha la percezione che le "virtù" italiche siano sedimentate nei secoli dei secoli e così sia.
Certo questa città ha fatto suo malgrado da palcoscenico a tutti quelli che si sono riempiti la bocca con parole come ricostruzione, solidarietà, non vi lasceremo soli, new town, G8 e merda varia.
E  loro, gli aquilani, gente fiera, taciturna e diffidente come tutte le genti di montagna, non si son curati di loro ma li hanno guardati e quando il circo televisvo-elettorale ha tolto le tende si sono rimboccati le maniche ed hanno cominciato a fare.
Ci addentriamo tra le case puntellate e quelle sventrate, due vie più in là stanno effettuando una demolizione di un palazzo,ma dove non si lavora il silenzio è spettrale.
Si sentono solo i passi dell'umano che riprende con la camera le ferite di questa città bellissima.
Ad un certo punto veniamo fermati da una pattuglia di militari che ci chiedono spiegazioni sul fatto che circolavamo in una zona interdetta al pubblico e qui l'uomo riesce a dare sfogo alle sue arti oratorie, accompagnate da un sorriso beffardo e lo sguardo di chi è stato all' inferno ed è ritornato.
Sarà per questo e un po' per fortuna che alla frase "siamo in missione per conto di Dio" la tensione si stempera in un sorriso e gentilmente ma fermamente ci invitano ad uscire dalla zona proibita.
Mi confesserà dopo che quando io non ero ancora nata, aveva già tentato di entrare in una zona rossa, ma era a Genova e quella volta c'era scappato il morto.
Certamente significativo di quello che abbiamo visto è una frase scritta sui muri sbrecciati di questa città ferita: "se un sogno incontra così tanti ostacoli, significa che è il sogno giusto".

"Coltiviamo per tutti un rancore
che ha l'odore del sangue rappreso
ciò che allora chiamammo dolore
è soltanto un discorso sospeso."
F.De Andrè.






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